Mobilità sostenibile: dalle parole ai fatti

Sono passati circa due anni da quando la pandemia ha cambiato radicalmente le nostre abitudini nella vita quotidiana. Sembrano quasi preistoria le immagini in tv di città deserte. Le vie più affollate, le piazze più gremite, improvvisamente vuote. Le autostrade più trafficate percorse soltanto da tir per servizi primari e da ambulanze per emergenze. In tre mesi sono crollati i livelli di inquinamento nelle grandi città per via della riduzione dello smog. Tutti ci siamo fermati a riflettere sullo stato della natura e dell’ambiente.

Un sussulto di coscienza collettiva ha lanciato nuove mode di micromobilità. In poco tempo i negozi di biciclette sono stati presi di mira dalla popolazione, registrando record di vendite mai visti prima. Biciclette pieghevoli, biciclette a pedalata assistita e soprattutto monopattini elettrici. In breve tempo anche supermercati, negozi di abbigliamento e di elettronica di consumo hanno iniziato a proporre mezzi per la mobilità sostenibile. A questo si è unito l’operato di tanti sindaci italiani, impegnati a realizzare piste ciclabili nei centri e nelle periferie. In città come Milano, la pista ciclabile ha avuto un impatto significativo sulla viabilità urbana (con non poche polemiche), così come in piccoli comuni di mare e di montagna. Della pandemia resta, come ricordo collettivo, una pista ciclo-pedonale in molte città, che simboleggia una forte presa di coscienza nei confronti dell’emergenza ambientale. Un cambiamento che non è stato sempre felice, infatti molte città hanno dovuto stravolgere sensi di marcia, incroci e viabilità. L’esperimento purtroppo ha causato diversi incidenti all’ordine del giorno.

Ora, la domanda sporge spontanea: è davvero questa la strada giusta da percorrere per aiutare il nostro pianeta? Lasciare l’auto nel box e andare a lavoro in bicicletta può sicuramente contribuire positivamente ed è un piccolo gesto che ognuno di noi può fare nella quotidianità. Così come preferire treni e mezzi pubblici, anziché incolonnarsi nelle strade con la propria macchina. Tuttavia questi comportamenti sono a discrezione di ogni cittadino e possono variare a seconda dei valori sociali di riferimento, dal contesto culturale e della zona geografica di appartenenza. E per le istituzioni? È corretto continuare a ragionare sulla realizzazione di piste ciclabili? È evidente che le infrastrutture per la micromobilità hanno lanciato un segnale forte. In molti non avevano una bicicletta e non conoscevano neppure il monopattino elettrico prima della pandemia. È bene chiarire che questo segnale va accompagnato anche con altri servizi. 

Nei fatti, è quanto mai necessario incrementare la presenza di bus elettrici per una pubblica mobilità sostenibile. Al momento la percentuale nazionale di bus elettrici si attesta solo al 5%. Si può fare davvero di più e il buon esempio arriva da altri Paesi europei che hanno deciso di elettrificare. Infatti, l’Olanda da sola rappresenta un quinto del mercato europeo degli autobus elettrici, segue subito dopo la Germania. I risultati legati al contrasto delle emissioni inquinanti sono degni di nota: per ogni 1.000 bus elettrici si risparmiano 500 barili di diesel al giorno. Infine, i bus elettrici hanno il vantaggio di potersi ricaricare con le frenate e i movimenti del mezzo, partendo da una ricarica base delle batterie che avviene senza aggancio di cavi in una manciata di minuti avviando il comando tramite wifi.

Condividi l’articolo su:

Suggeriti per te

Precedente
Successivo

Suggeriti per te

Precedente
Successivo

Progetto a cura di